Demolizioni e ricostruzioni fanno i conti con la difficoltà di derogare agli standard edilizi e urbanistici
L’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) chiede con urgenza una riforma organica del governo del territorio.
A causa della poca chiarezza delle norme, lamentano i costruttori, sono sorti conflitti di competenze tra lo Stato e le Regioni; il risultato è che gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio, che spesso consistono con demolizione e ricostruzione di edifici, risultano bloccati.
Secondo Ance, i principali problemi che si frappongono sono rappresentati dal rispetto delle disposizioni relative agli standard urbanistici ed edilizi contenute nel DM 1444/1968.
Le norme del Codice civile e quelle del DM 1444/1968 hanno una posizione primaria rispetto ai regolamenti comunali o ai piani regolatori, che possono prevedere solo distanze pari o maggiori. Allo stesso tempo, però, per incentivare la riqualificazione è consentitala ricostruzione con un aumento della volumetria.
Di norma, gli interventi di demolizione e ricostruzione si inseriscono in un contesto urbano consolidato che rende difficile il rispetto di limiti di distanza o di altezza, soprattutto in presenza di aumenti di volumetria.
Per cercare di superare questo collo di bottiglia, il decreto “Del fare” (DL 69/2013) ha aggiunto l’articolo 2-bis al Testo unico dell’Edilizia (Dpr 380/2001). Con questa modifica viene prevista la possibilità per le Regioni di introdurre deroghe in materia di limiti di distanza tra i fabbricati nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici,
Si tratta, però, di una norma che presenta rilevanti problematiche interpretative: in attuazione dell’art. 2-bis, le Regioni hanno emanato norme ampie che consentivano sia la deroga alle distanze, sia agli altri standard edilizi, nell’ambito di interventi ricompresi in piani attuativi del piano urbanistico generale.
La Corte costituzionale ha già dichiarato l’illegittimità costituzionale di diverse norme regionali (Marche, Veneto, Liguria), sostenendo che la disciplina delle distanze minime tra le costruzioni rientra nella competenza esclusiva dello Stato.
Alle Regioni, in base alla competenza concorrente, è solo consentito fissare deroghe alle distanze minime stabilite dalla normativa statale, per giunta giustificate dall’esigenza di soddisfare interessi urbanistici che si concretizzino in strumenti funzionali a un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio.