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Coronavirus, tutto sulle mascherine
Pianeta professioni
10 Aprile 2020

Mascherine: come sono fatte, a cosa servono, come riutilizzarle

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Meglio le chirurgiche? Meglio con la valvola? Suggerimenti e fai da te

ROMA. Industriali, chirurgiche, verdi, azzurri, bianche, con o senza valvola. In piena epidemia da Coronavirus, le mascherine sono così rare e invidiate da desiderare, se non si rischiasse un contagio concreto, di strapparle via al fortunato di turno. Sulla loro utilità, su come usarle e, magari, riutilizzarle c’è, però, molta confusione, perché le opinioni degli esperti sono contraddittorie. E anche le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non aiutano. Proviamo a fare chiarezza.

Da cosa proteggono
I Coronavirus hanno dimensioni di 100-150 nanometri di diametro (circa 600 volte più piccoli di un capello); si trasmettono mediante goccioline delle secrezioni di naso e bocca emanate durante respirazione e, in grandi quantità, in caso di tosse e di starnuti. In particolare, lo starnuto può spingere queste goccioline ad una distanza fino a 4 metri.

Le diverse tipologie
Le mascherine di protezione si dividono in due categorie: quelle chirurgiche, pensate per proteggere il paziente dalla contaminazione da parte degli operatori sanitari (medici, infermieri, dentisti) e le FFP1, FFP2 e FFP3, ideate per difendere gli operatori dalla contaminazione esterna e per questo chiamate Dpi (Dispositivi di protezione individuale).

Le filtranti FFP1, FFP2 e FFP3
Sono dispositivi di protezione individuale per un uso industriale. Proteggono da polveri, fumi e nebbie. Sono catalogati di terza categoria: «rischio vita», se non sono progettati o indossati correttamente possono comportare la morte. I filtranti facciali si sono adattati all’uso sanitario, nei reparti di malattie infettive, perché il materiale che li costituisce, ha un’alta capacità di filtraggio dell’aria. Sono realizzati con tessuti non tessuticon proprietà e funzionalità differente. Lo strato esterno della mascherina protegge dalle particelle di dimensioni più grandi; lo strato intermedio filtra le particelle più piccole; lo strato interno, a contatto con il volto, ha la doppia funzione di mantenere la forma della maschera e di proteggerla dall’umidità di respiro, tosse o starnuti. Lo strato filtrante agisce meccanicamente (come un setaccio) per particelle fino a 10 micron di diametro. Sotto queste dimensioni, l’effetto più importante è quello elettrostatico: la fibre cariche attirano e catturano le particelle. Questo tipo di mascherine aderisce bene al viso, e tutte sono disponibili in versione con e senza valvola.

Le FFP con e senza valvola
Le FFP1 hanno una capacità filtrante, dall’esterno verso l’operatore e viceversa, è del 72%. Quella delle FFP2 è del 92% e le dimensioni dei pori filtranti sono più grandi di quella del virus, ma bloccano le particelle con l’effetto elettrostatico e i virus che non viaggiano sotto forma di aerosol, come accade nella maggior parte dei casi. Le FFP3 filtrano fino al 98%. Sono quelle che proteggono in modo pressoché totale, perché i pori filtranti sono più piccoli del virus, e i valori sono simili a quelli delle mascherine chirurgiche. La presenza della valvola agevola la respirazione, ma protegge chi le indossa e non gli altri, perché attraverso la valvola esce il respiro e quasi tutto quello che c’è dentro. Ciò significa che le persone infette (anche gli asintomatici) che le indossano potrebbero trasmettere la malattia agli altri.

Le mascherine chirurgiche
Sono formate da due o tre strati di tessuto non tessuto (TNT), costituito da fibre di poliestere o polipropilene. Lo strato esposto all’esterno è costituito da un tipo di materiale, con eventuale trattamento idrofobo, che ha la funzione di conferire resistenza meccanica al dispositivo e proprietà idrofoba. Lo strato intermedio svolge la funzione filtrante vera e propria. Un eventuale terzo strato è a contatto con il volto e protegge la cute. La capacità filtrante delle chirurgiche è pressoché totale verso l’esterno (superiore al 95% per i batteri), mentre hanno una ridotta capacità filtrante dall’esterno verso chi le indossa, di circa il 20%, dovuta alla scarsa aderenza al volto. Se ben indossate, sono molto efficaci nell’impedire il contagiare altre persone. Non garantiscono, tuttavia, una protezione elevata nei confronti del virus che proviene dall’esterno, proprio perché non aderiscono bene al volto e non trattengono le particelle fini generate, ad esempio, dall’aerosol.

Suggerimenti e fai da te
Le FFP possono essere riusabili solo se non danneggiate. Si possono rigenerare esponendole all’alta temperatura (superiore a 60°), ai raggi ultravioletti oppure lavandole con soluzioni idroalcoliche al 60/70%. A casa, se si vuole riutilizzare questi tipi di mascherine, è possibile adottare come metodi di sterilizzazione un disinfettante spray, il vapore del ferro da stiro, oppure lampade UV. Sulla validità di questi metodi, però, non vi è accordo scientifico. In ogni caso, piuttosto che riutilizzare la stessa mascherina filtrante facciale (FFP), appare più indicato utilizzare una mascherina di cotone, pure fai da te, da utilizzata una volta e poi lavare con detergente e acqua calda. Piuttosto che niente, meglio piuttosto!
Claudio Lombardi

 

Tags: Coronavirus, DPI
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