L’appaltatore ha ottenuto anche il risarcimento danni
Sintesi della sentenza numero 21656/2018 della Corte di Cassazione.
La richiesta dell’appaltatore di risoluzione del contratto per inadempimento della pubblica amministrazione non è condizionata dall’avvenuto adempimento formale dell'iscrizione in bilancio delle riserve espresse dalla parte privata su fatti che comportano maggiori oneri di spesa o minori entrate. La riserva, attenendo a una pretesa economica di sicura matrice contrattuale, presuppone l’esistenza di un contratto valido. Se si contesta, quindi, l’esistenza stessa di un contratto valido, le pretese contro l’inadempimento della stazione appaltante non sono condizionate dall’istituto delle riserve.
Per questo, la PA di fronte alla domanda di risoluzione del contratto non può opporre la mancata iscrizione delle riserve, che nulla hanno a che vedere con la fase rescissoria del rapporto. La Cassazione ha esaminato un appalto pubblico di lavori per realizzare una fognatura, che, però, erano stati sospesi dal Comune più volte, fino al totale blocco dei lavori per la presenza di cavi Enel nel suolo. Oltre alla risoluzione per inadempimento, l’impresa aveva chiesto, e ottenuto, anche il risarcimento danni per mancato guadagno e per i costi sostenuti.